
Franco Vega è un altro virtuoso della scherma, anch'esso siciliano come il Greco. E' un giovanottino pallido e biondo che ha fatto le sue prime armi nell'assistenza dei colerosi di Palermo. Del Vega si occupò or sono circa due anni la stampa nostrana e straniera a proposito della sfida che lanciò al maestro Pini, e ch'ebbe il suo scioglimento ad armi cortesi pure a Bruxelles.

La sera del 12 aprile il sig. Vega prese parte all'Accademia che in suo onore dette, nel ridotto del Teatro della Scala, il Circolo milanese Ferruccio. Gli intelligenti accorsi erano molti, e tutti furono meravigliati dello schermire del giovane maestro, che rammenta tutte le scuole, tutti i metodi di scherma, senza rappresentarne, propriamente, uno.

In Vega predomina la vecchia quanto gloriosa scuola italiana del Morsicato Pallavicini: che in lui si manifesta specialmente nella guardia, nella parsimonia della parata, e nella giustezza di linea di attacco; risente della scuola napoletana di Tita Marcelli nella parata e risposta sull'attacco: eseguisce meravigliosamente i fili e i coupés del metodo Radaelli, che pur la Scuola magistrale di Roma, emanazione di quella napoletana, bandisce; le contro-azioni del metodo misto Marchionni (italo-francese), gli sono famigliari e in questo ricorda grandemente il celebre livornese Pini; ma ciò che più ha sorpreso nella scherma del Vega sono state la cavazione e la mezza-cavazione con allungata alla napoletana, eseguita con una precisione matematica; nonchè il passaggio sotto col pugno di quarta.

Quest'azione che è propria della scuola napoletana, il Vega la eseguisce con un criterio tutto suo particolare. Nell'eseguirla, il maestro siciliano evita di alzare, come fanno i napoletani, di molto il pugno al di sopra del capo. In tal guisa egli riesce a conservare una più perfetta linea nell'atacco; una migliore e più sicura direzione del colpo ed una maggiore efficacia nella stoccata, perchè sa e vede ove la botta deve essere diretta e dove deve arrivare. In una parola, domina il bersaglio invece di perderlo di vista come fanno i tiratori del metodo meridionale.
Gli applausi che accolsero il Vega al suo apparire e quelli che lo costrinsero a ripetere l'assalto col maestro Casati sono una prova indiscutibile che Milano ha saputo apprezzare giustamente il valore artistico del più forte maestro siciliano.

Il Vega ebbe a maestro suo padre, Gaetano vega, uno di quei forti caratteri che insieme al maestro Pinto, Cipolla, ed altri parecchi, seppero in un'epoca non molto remota tener destro nella generosa popolazione palermitana l'affetto per la nobile scienza delle armi e per la libertà, coefficiente non ultimo delle vittorie che arrisero ai Mille da Marsala al Volturno.
I. Gelli - da L'Illustrazione Italiana 7/8/1883 (?)
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